Detto tra noi

Comunque vada, avete conquistato i nostri cuori e la nostra stima

domenica, 18 maggio 2025, 19:23

di fabrizio vincenti

L'atmosfera che non si respirava da anni in città. Il maxischermo mai collocato in precedenza da una amministrazione comunale. La paura che si respirava dopo la sconfitta di Sestri. Le code al botteghino. La commozione di mister Gorgone prima dell'ultima rifinitura, dopo il confronto con la squadra. Le facce dei giocatori in quell'ultima sessione di allenamento. Le code al botteghino. La speranza. La notte prima degli esami passata a consolarci che, comunque, almeno, ci avevamo provato. Tutti. I giocatori. Lo staff. I dipendenti. I tifosi. I giornalisti. Ma quell'ansia di quelle ore che ci hanno separato alla gara di domenica scorsa non era eliminabile: era il prezzo per una cosa a cui si teneva tutti. Un all in, un giocarsi tutto, come ha ricordato lo stesso tecnico rossonero. E quel tutto ci ha riservato l'ennesimo, pazzo finale. Quello che, solo chi nel suo dna ha la sofferenza, è destinato a trovarsi accanto, forse per gustare di più quelle vittorie, quelle urla che vengono dal profondo dell'anima e che sono dolore, paura, gioia insieme e che possono nascere solo da quelle sfide che sembrano ormai impossibili.

Il gol di un giovane a una manciata di secondi dal termine ci ha ricordato, inutile forse dirlo, il gol di Correggio o l'ultimo rigore a oltranza a Bisceglie. E per chi è più vecchio un sole che cuoceva il viso a Civitavecchia. Tanti, troppi, anni fa. E' nel nostro destino il dover soffrire, e va accettato. Non vedremo mai la Serie A, ce ne faremo una ragione. Forse nemmeno la B. Ma il prezzo da pagare per quegli istanti non sarà mai troppo alto. Quei secondi finali, con il cuore in gola, con 5000 persone che spingevano il pallone lontano dall'area rossonera, con i giocatori in preda a un raptus da spiritati che solo il calcio può trasmettere, pronti a dare tutto a lasciarci una gamba per tagliare il traguardo ormai vicino. E poi il fischio. Sì quello finale, perché tra le paure c'era pure quella di un recupero allungato ogni oltre decenza. E le corse, la commozione dei giocatori, la trance di Gorgone e dei suoi, le lacrime di tanti anche vicini a noi. Ci siamo fermati. Abbiamo smesso di scrivere.

Ci sono momenti nei quali anche chi fa questo lavoro deve fermarsi e guardare, e ascoltare, per tenere nel cuore per tutta la vita certi momenti. Per piangere, vedendo i giocatori finalmente felici, sapendo cosa hanno passato; per piangere nel vedere i tifosi abbracciarsi dopo tante sofferenze e pensare a chi non c'è più;  per piangere nel vedere il tecnico che arringa la folla osannante, uno che ha dato tutto e che solo da ultimo in molti hanno capito cosa aveva dentro, anche come ricchezza d'animo. A chi ha conquistato questa impresa dobbiamo molto: ci hanno preso il cuore e resi nuovamente orgogliosi. A quei ragazzi che da domani saranno chissà dove, ci auguriamo venga riconosciuto il giusto tributo, quando torneranno – fosse tra cinque mesi, cinque anni o un secolo – al Porta Elisa. Loro, siamo sicuri, sanno che non hanno solo dato, ma preso amore da queste parti in quegli attimi di paradiso. Lucca non si dimentica: vedere sugli spalti ex giocatori e allenatori rossoneri felici come bambini, leggere i messaggi di chi da qui è transitato e lasciato il segno ne sono solo la conferma. Lucca e la Lucchese vi sono entrati nell'anima, cari ragazzi che avete scritto una pagina di storia sportiva. Lo sapete già da voi. Ne siamo certi. Cosa succederà ora, lo vedremo. Ma nulla e nessuno cancellerà le emozioni. Le nostre emozioni, le vostre emozioni.

 

 



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